Giorgio e Alberto Tremante

Via Danilo Preto 8

37133 Verona

 

 LETTERA A GIOVANNI PAOLO II (dopo la Sua dipartita)

 

 Ti abbiamo conosciuto personalmente nel maggio dell’ormai lontano 1980 durante un’udienza pubblica in Piazza San Pietro, quando il tuo fisico era nello splendore della sua forma. Prendemmo posto sulle sedie disposte in fila sulla piazza. Io tenevo in braccio Alberto, mia moglie Franca Andrea, i nostri preziosi gemelli colpiti, si diceva allora, da una misteriosa malattia. In quel momento grave ci siamo affidati totalmente a Te, Tu per noi rappresentavi tutta la speranza della nostra fede in Dio Padre. Tu hai consolato le nostre pene, ci hai baciato ad uno ad uno e ci hai benedetto, soffermandoTi a lungo per ascoltare la nostra dolorosa vicenda promettendoci l’interessamento della Santa Sede al fine di trovare una via che ci permettesse di salvare la vita alle nostre creature. Ho ancora vivo nella mente il ricordo di quell’incontro, la Tua maestosa e regale figura che si chinava ad abbracciare noi misere creature, il Tuo dolce sguardo che si posava sui nostri due bimbi intenti a giocherellare con la santa croce che Ti pendeva dal collo.  Alberto, che reggevo sulle mie ginocchia, ebbe improvvisamente uno slancio per essere stretto dalle tue possenti braccia, ed io lo frenai pensando che la sua ingenua e genuina espansività Ti avrebbe potuto forse creare disturbo, quando mai ho frenato il suo istintivo gesto, a modo suo, rivolto al grande “nonno”!   Alla fine dell’estate dello stesso anno, le condizioni di salute dei miei gemellini erano alquanto peggiorate fino a che, il 22 settembre, Andrea fu ricoverato d’urgenza in ospedale alle 10 di sera e alle 5 del mattino moriva. L’ultimo giorno di novembre, anche il suo gemello Alberto dovette essere ricoverato in ospedale per la stessa problematica, ma invece di lasciarlo nel reparto di pediatria, com’era avvenuto con Andrea che era deceduto, decidemmo di farlo trasferire in quello di rianimazione, per essere attaccato ad un respiratore automatico per fargli superare quel momento d’enpass dovuto all’improvvisa insufficienza respiratoria, nel contempo fu anche tracheostomizzato. La sua degenza durò sei mesi, durante i quali furono eseguite delle terapie immunostimolanti, fra le quali anche l’interferone, allora ancora in fase sperimentale. Vedi caro Giovanni Paolo II,  le strade che abbiamo percorso per salvare la vita ad Alberto e ad Andrea, ad un certo momento si sono incrociate con la Tua, quando, dopo l’attentato che hai dovuto subire in Piazza San Pietro, colpito da un “citomegalovirus”, proprio in quella circostanza Alberto ha potuto esserti d’aiuto. La provvidenza Divina aveva fatto sì che il farmaco interferone, sperimentato su Alberto, fosse poi praticato, dallo stesso scienziato che lo aveva fornito ad Alberto, anche a Te. Forse di quest’evento Tu non ne hai avuto notizia, ma le cose sono andate proprio così, finalmente Te lo posso ricordare.

Dopo la morte di Andrea, era il secondo figlio che mi vedevo portar via dalla falce nera, il mio animo era sconvolto, mi sentivo abbattuto, finito, le forze mi stavano venendo a mancare. Ti scrissi allora una lettera, che ancora conservo, dove Ti esponevo il mio abbattimento e, nonostante tutto chiedevo ancora una volta il Tuo aiuto per salvare la vita ad Alberto. Per l’ennesima volta, nessuno mi fornì la sospirata risposta. Qualcuno, di lassù, non riesco ancora oggi a definire bene chi fosse stato, mi sollecitò a reagire, ebbi la visione di una luce abbagliante e sentii una voce che pronunciava testualmente queste parole: “Scuotiti la terra sporca dai piedi e continua a lottare”. Questa fu la molla che m’indusse ancora a proseguire nella mia lotta in favore della vita di mio figlio.

Mesi dopo mesi Alberto dovette rimanere ricoverato nelle sale di rianimazione di vari ospedali italiani ed esteri, fino a che, dopo aver subito innumerevoli soprusi ed umiliazioni, decisi, non senza incalcolabili difficoltà, di riportarlo a casa. Dovetti organizzarmi con tutta un’attrezzatura per poterlo gestire a domicilio, idonea a risolvere soprattutto i suoi problemi d’insufficienza respiratoria. Ciò avveniva il primo di maggio del 1984. Non Ti sto a narrare le molteplici peripezie che abbiamo dovuto vivere per salvargli la vita e per dimostrare una verità non voluta ed assiduamente negata aprioristicamente. La cosiddetta scienza ufficiale, aveva già sentenziato che non sarebbe potuto sopravvivere. Il mio animo era esacerbato per le continue prevaricazioni subite in diverse occasioni, ed era altresì risentito anche nei confronti della comunità Cattolica per il comportamento assolutamente indifferente se non assolutamente passivo che aveva sempre mantenuto nei confronti del nostro dramma. Nel 2001 riuscii a pubblicare un libro nel quale raccontavo la nostra drammatica vicenda. Decisi così di far mettere proprio sulla copertina l’immagine dell’incontro che avemmo con Te al fine di provare a me stesso la giustificazione per la riappacificazione con l’intera ufficialità della Chiesa Cattolica.

Seppi poi che, al Vescovo della mia città, era stata donata una copia del mio libro, pensai così di scrivergli due righe anche per chiedergli un incontro, che purtroppo non ebbi mai. In questa lettera rendevo evidente soprattutto il significato che per me aveva la parola di “Padre”, l’amore senza limiti che lo stesso nome avrebbe dovuto significare, mi permisi inoltre di chiedere nel contempo, la possibilità di poter far cresimare proprio da Te, Santo Padre, il mio figliolo che a quell’epoca aveva 25 anni. Il motivo che, secondo me, doveva giustificare questa mia apparentemente assurda richiesta era quello di un riavvicinamento alla Comunità Cristiana, dopo quel lungo periodo di indifferenza assoluta che tale Comunità aveva mantenuto nei confronti della nostra tragedia. Purtroppo, nemmeno questa volta ricevetti risposta. Nell’ottobre del 2002, dopo una lunga malattia, dovetti subire anche la perdita di mia moglie Franca, rimanendo così da solo a gestire la grave situazione di mio figlio Alberto. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. La mia fede ormai era al lumicino, stava del tutto scemando, la mia disperazione mi convinceva che la mia vita doveva essere un inferno interminabile senza più alcuna speranza.

Solo pochi mesi fa, esattamente il 15 dicembre dell’anno scorso, dopo 24 anni dal primo incontro avuto con Te in piazza San Pietro, senza Andrea e mia moglie Franca, ritornai ad incontrarTi nella sala Nervi. Accompagnai Alberto sulla sua seggiola a rotelle che teneva in mano il libro della nostra storia per fartene dono, quando mi avvicinai a Te notai subito sul Tuo volto i segni della sofferenza, il Tuo sguardo non era più dolce e sereno, il Tuo fisico debilitato mostrava i segni evidenti della malattia. Alberto consegnò, nelle mani di un prelato che Ti stava accanto, il libro ed io ebbi appena il tempo di ricordarTi chi era quel ragazzo seduto sulla carrozzella con tutti i suoi evidenti segni del suo handicap, mi sembrò che il Tuo sguardo avesse abbozzato un velo di tristezza, il tuo capo si chinò maggiormente su un lato, come se, anche per Te si fosse riaperto improvvisamente quel libro dell’ormai lontano passato, come se l’immagine della mia famiglia tutta Ti fosse tornata alla mente, forse ci hai rivisto con le lacrime agli occhi quando, davanti alla allora Tua regale figura, Ti supplicavamo per poter avere da Te un aiuto per salvare la vita ai nostri due gemelli.

Oggi a distanza di più di due anni dalla dipartita di mia moglie Franca e con gli eventi ultimi della Tua morte sono qui in ginocchio a supplicarti ancora, non più come “Pontefice”, se pur potente su questa terra, ma come “Santo” che dal cielo vedi e ascolti tutte le suppliche di chi come me ha creduto e crede tuttora che al di là di tutte queste miserie umane esista ancora una giustizia divina. Questa volta sono fermamente convinto che mi esaudirai per far migliorare la salute di Alberto, devi assolutamente intercedere per lui, devi compiere quel miracolo che da tanti anni in cuor mio sto invocando per vederlo rifiorire. Sono sicuro che adesso non sarai più sottomesso ai protocolli dell’ufficialità terrena che forse Ti hanno legato oltre che le mani anche la volontà, ricordati perciò che a suo tempo hai contratto un debito nei confronti di Alberto, lui è stato la cavia su cui si è sperimentato il farmaco utile anche per Te, rimango perciò fermamente convinto che da parte Tua, da lassù, il debito verrà certamente onorato.

 

 

 Giorgio Tremante padre di Alberto, (di Marco, Andrea e marito di Franca che sono dove ora sei Tu)

 

Lettera inviata dopo la morte di Giovanni Paolo II al Suo Successore.

(Mai ricevuta risposta)

 

Ultimo incontro di Alberto con Giovanni Paolo II   mercoledì 15 dicembre 2004.

(Alberto fa dono al Papa del libro che descrive la nostra vicenda)

 

Ultima visita di Alberto a Giovanni Paolo II

Lettera inviata a Benedetto XVI e al Vescovo di Verona.

(Mai ricevuta risposta ne dal Papa ne dal Vescovo.)

 

 

A Sua Santità

Papa Benedetto XVI

Città del Vaticano

 

                                                                       

e p. c.  Padre Flavio Roberto Carraro

Vescovo di Verona

 

 Verona 25 giugno 2005

 

 Non so se questa mia lettera verrà letta personalmente da Papa Benedetto XVI, e questo a me poco importa, ma nonostante ciò sento il dovere di insistere ancora per ricordare alla Comunità Cattolica Cristiana che esistono delle realtà non lontane, non nel terzo o nel quarto mondo, ma talmente vicine a noi che tuttavia ci si rifiuta di vederle (chi cerca la pagliuzza nell’occhio dell’altro non vede la trave che ha nel proprio) .

Sono la bellezza di trentaquattro anni, cioè dalla morte del mio primo figlio, che in un modo o nell’altro tento di mettere in evidenza agli occhi di una “Chiesa” e, relativamente alla Gerarchia Ecclesiastica, i tremendi e devastanti drammi che moltissime famiglie sono costrette a subire, dovuti alle reazioni avverse causate dalle vaccinazioni che, nel nostro Paese,  sono ancora obbligatorie.

Fin dal 1980 ho preso contatto con l’allora Pontefice Giovanni Paolo II, quando, durante un’udienza pubblica ebbi occasione d’incontrarlo personalmente, ricevendo già allora, assicurazione da Lui che la massima carica dello Stato Vaticano in materia di salute, l’allora ministro monsignor Fiorenzo Angelini, avrebbe attentamente esaminato i dati da me forniti per  verificare se realmente fosse esistita la pericolosità delle pratiche vaccinali, usate indiscriminatamente, come io sostenevo, o se le mie preoccupazioni erano solo frutto della mia fantasia.

Si è dimostrato poi che la drammatica e devastante tragedia che successivamente sono stato costretto a vivere personalmente, non poteva e non doveva essere assolutamente considerata “fantasia”; e così, da quel tempo, una quantità innumerevole di altre famiglie sono state costrette a subire la mia stessa sorte. Mettere al mondo dei figli perfettamente sani e vederseli poi, dopo l’esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie per legge, distrutti da tremende malattie quando non addirittura portati alla morte è un fatto che grida ancora vendetta al cospetto di Dio.

Mi viene perciò così da chiedermi se questa Chiesa Cattolica Cristiana, da allora, cioè dal 1980, non ha potuto o non ha voluto alzare un dito per difendere queste creature innocenti? Si trattava e si tratta tuttora di difendere delle vite umane già sbocciate e non molto semplicemente degli “embrioni”. Notando anche che la battaglia svoltasi in Italia con l’ultimo referendum ha visto tale Chiesa schierata giustamente in difesa degli embrioni stessi. Perché questo stridente impari modo di trattare vite umane?

Molte volte ho tentato di sollecitare questa Gerarchia Ecclesiastica ad interessarsi del problema, ma ho trovato una Chiesa “sorda” alle accorate grida d’aiuto che disperatamente tentavo di far giungere affinché queste tragedie non si ripetessero più, una Chiesa “indifferente” che ha permesso il continuo perpetrarsi di queste tristi ed amare conseguenze, questi genocidi. Perché non vi è stata mai alcuna concreta risposta ai miei accorati appelli da parte di qualche autorità religiosa di questa Chiesa che, come più volte ha decantato e decanta ancora di essere sempre in difesa dei più deboli e degli indifesi?

  Ho fatto dono anche di un mio libro dal titolo “Maggiorenne e vaccinato o...diritto alla vita?”, che narra la drammatica vicenda della mia famiglia, sia a Giovanni Paolo II che a Benedetto XVI, ma non ho ricevuto nemmeno un minimo segno di ringraziamento, è così che questa Chiesa Cattolica Cristiana professa e soprattutto vive il Vangelo di Cristo?

Nella speranza che questi annosi problemi vengano finalmente presi in considerazione da questa finora “insensibile Comunità Religiosa Cattolica” . Attendo perciò una possibile sollecita risposta.

 

 Distinti saluti    

                                                                                                          Giorgio Tremante

 

Verona li, 18 maggio 2002

Giorni di Indizione del Sinodo Diocesano

 

 

Chiarissimo “Padre” Flavio Roberto Carraro,

Pace e bene anche da parte mia!

 

 Mi ha fatto piacere ricevere finalmente uno scritto da parte Sua del 23 aprile scorso, nel quale, con parole significative, dimostra di aver capito il problema che da anni vado sollevando, cioè i pericoli che sono insiti nell’uso delle pratiche vaccinali usate a tutt’oggi così indiscriminatamente.

           Lei, sul problema delle vaccinazioni, dichiara la Sua incompetenza. Quello che interessa a me di capire non è la competenza scientifica che avvalli un assioma che assilla da molti anni l’intera umanità, ma si tratta più semplicemente di vedere se si vuol prendere visione di alcuni fatti reali che sono occorsi alla mia famiglia e a molte altre, per tentare di nascondere una verità assai scomoda che non doveva e non deve, per nessun motivo venire alla luce e, se si è capito, che solo in questo senso la mia vicenda è stata narrata e pubblicata su di un libro per testimoniare ciò che a noi è accaduto.

             Lei stesso afferma “che sono lecite e doverose tutte le battaglie che vogliono far emergere situazioni di sofferenza delle persone, per una questione di dignità umana, di amore cristiano, e di presa di coscienza comune su problemi che riguardano tutta la collettività.” Di seguito scrive:  ”Credo che se fossi stato padre e se avessi vissuto un’esperienza come la sua avrei fatto anch’io sentire la mia voce in tutte le sedi opportune”.

             Caro “Padre” Roberto, sta proprio qui il punto focale di tutta la nostra esperienza, avrà notato che ho sempre virgolettato la parola “Padre”, proprio perché Lei viene definito e si autodefinisce tale. Ma quale “Padre” abbandona il suo figliolo a compiere un’impresa ardua e forse anche assurda come quella che ho tentato di compiere io da solo? Se, per assurdo, io fossi stato Vescovo o meglio ancora Papa, non avrei certamente abbandonato un figlio, quale anch’io mi reputo essere della grande Comunità della Chiesa Cattolica Romana, al suo triste destino. Avrei per lo meno cercato di stargli vicino, di ascoltarlo, di sorreggerlo almeno moralmente ma, Le confesso, che niente di tutto ciò a me è stato dedicato, l’indifferenza e l’incomprensione hanno regnato per anni da parte della Comunità Cristiana attorno alla mia persona e alla mia lecita disperazione.

           Non ho mai ben capito il perché di questo assurdo comportamento nei miei confronti, credo di non essermi comportato da criminale, ma forse avrei avuto più comprensione da parte vostra se avessi commesso qualche crimine. Credo anche di aver cercato sempre di seguire gli insegnamenti della Dottrina Cristiana, difendendo le mie creature e la mia famiglia come viene di sovente enunciato dal rappresentante di Cristo sulla terra; “la famiglia è l’elemento più importante e fondamentale del la nostra società”.

           Perché questa anomalia di comportamento da parte delle Autorità Ecclesiastiche nei confronti miei e della mia famiglia? Come ebbi già avuto occasione di scrivere molto tempo fa a Giovanni Paolo II, mi sono impegnato assiduamente e intensamente nella ricerca di “quella Luce”, cioè “quella Verità” , non ho mai dubitato di poter trovarla; ma mi sono però purtroppo sentito “solo e abbandonato” da chi avrebbe avuto il compito primo di sorreggermi anche moralmente. Si ha forse paura di affrontare un dialogo con una persona inerme e disarmata quale io mi considero? Non ho mai cercato con la forza o con la violenza di imporre alcunché, con me non si è voluto parlare, non mi si è voluto ascoltare si è invece scelto, qualche rara volta, di inviarmi uno scritto e niente più.

          Capisco che la Chiesa Cattolica ha molti altri problemi da risolvere, molte altre cose a cui pensare, ma credo di avere il diritto di essere almeno ascoltato anche se per poco tempo, o devo rimanere sempre una persona che si sente fuori da quel contesto di Chiesa e che porta avanti una battaglia da solo come un Don Chisciotte che affrontava, incurante degli altrui giudizi, i maestosi mulini a vento?

           Del libro che ho pubblicato Lei sottolinea la frase: “Credo fermamente che Dio, sempre e sicuramente, anche nei momenti più bui dell’esistenza, ci dona la forza per superare ardue difficoltà”, ma nel contesto di quest’opera non credo sia  l’unica affermazione da sottolineare, in molti altri capitoli vi sono delle frasi altrettanto importanti che denotano l’assoluta mancanza d’amore di cui io e la mia famiglia siamo stati oggetto, soprattutto nei momenti di disperazione per la morte dei nostri figli da parte della società. Perché questa posizione è stata assunta nei nostri confronti anche dalle Istituzioni religiose?  Quale grande peccato abbiamo commesso? Pensando poi che Alberto si è visto mancante anche del Sacramento della Cresima, nessuno se ne è occupato, nessuno ha cercato di curarsi del suo stato d’animo della sua umiliazione del suo e del nostro risentimento per questa, che definisco banale, indifferenza da parte della comunità Cristiana e delle sue Istituzioni.

          Mi sono recato a Roma da Giovanni Paolo II nell’ormai lontano 1980, quando avevo tutti e due i miei gemelli vivi. Allora chiedevo aiuto per la loro vita, non ebbi però alcun aiuto da Sua Santità; oggi, a distanza di 22 anni, e dopo la morte di Andrea uno dei gemelli, chiedo con forza che proprio Giovanni Paolo II impartisca ad Alberto il Sacramento della Cresima. Penso sia il minimo dovuto ad un essere così provato e menomato da lunghi anni di abbandono totale, al fine di riparare alla sofferenza patita anche a causa dell’indifferenza delle Istituzioni Religiose. Sono fermamente convinto che non sia chiedere troppo, un segno di riconciliazione e di attenzione che merita sicuramente una famiglia come la nostra che ha combattuto salendo su quella Croce per sentirsi in unione col nostro Salvatore. Perché al fine la parola “Padre” possa avere anche per noi quel vero significato d’amore.

           Aggiungo inoltre e ne sono certo che “altri” hanno evitato e stanno evitando le sofferenze che io e la mia famiglia siamo stati costretti a patire,  grazie però “solo ed unicamente al nostro coraggio” nell’affrontare questa impari lotta contro un umano ed imperfetto “dogma”.

Nel salutarla cordialmente attendo una risposta in merito alle mie richieste.

                                                                                                                                 

                                                                                                                                  Giorgio Tremante

Lettera ricevuta, 3 anni prima, dal Vescovo di Verona.

Lettera di risposta, 3 anni prima, al Vescovo di Verona.

Questa è la “Chiesa Cattolica Cristiana” d’oggi, non vuol vedere e nemmeno vuol sentir parlare di questi problemi, poiché è sicuramente più affaccendata in altre “faccende”. Chiediamoci allora: è questa la Chiesa di Gesù Cristo?