Corrispondenza con “Religiosi”  di Roma

 

Corrispondenza con Religiosi 

 

Corrispondenza con “Religiosi”  di Verona

                                                                                                                    

Verona 8 novembre 1988

 

 

Preg. Padre Calisto,

 

Anche se con molto ritardo, rispondo alla Sua gentile lettera, inviatami lo scorso luglio.

Riferendomi a quanto Lei dice, consigliandomi di far conoscere il più possibile la mia vicenda, ritengo che per il momento questa mia idea sia quanto meno quasi impossibile da realizzare.

Con mia grande costernazione, infatti, continuo ad imbattermi in ostacoli che sembrano insormontabili.

A chiunque cerchi di far conoscere, non solo la mia realtà, ma quella di altre famiglie colpite come me da questa terribile sorte, ottengo come risposta, non solo indifferenza, ma soprattutto una palese dimostrazione nel voler disconoscere il fatto e specialmente le cause che hanno provocato questa mia situazione.

Il mio tentativo, quindi, di voler salvare altre creature come le mie, è stato finora reso vano e mi ha fatto perdere anche molte speranze nella possibilità di poter essere ascoltato ma soprattutto aiutato da qualcuno.

Il sapere da parte sua, di una diminuzione dei danni gravi provocati dai vaccini, secondo la mia esperienza mi permetto di dirLe, che è solo una mera utopia, in quanto quando ci sono vengono sapientemente nascosti sia dai medici, quanto dalle autorità, che si guardano bene dal poter far solo trafelare notizie riguardanti i danni da vaccino in quanto è troppo alto l’interesse economico che essi rappresentano.

Mi permetta, inoltre,di farLe osservare, che solo per le vaccinazioni obbligatorie non esistono né controindicazioni, né effetti collaterali come viene messo in rilievo per qualunque medicina; questi si debbono solo somministrare e non si può discutere sui loro effetti.

A questo punto desidererei tanto, che Lei, in quanto ne fa cenno nella Sua lettera, mi desse una mano per far conoscere questa realtà, lascio a Lei trovare il modo migliore e più opportuno, purché mi venga data una possibilità di tentare di aiutare il mio prossimo.

In attesa di una sua sollecita risposta per un pronto aiuto nei miei confronti, Le porgo i miei più cordiali saluti.

 

                                                                                                        Giorgio Tremante

Lettera di risposta a padre Callisto Vendrame (Superiore Generale dell’ordine dei Camilliani).

(Non ho più avuto una risposta)

 

Risposta del Vescovo della mia città che già allora sollevava il dubbio scrivendo: “a suo parere”.

La chiesa Cattolica non ha mai voluto prendere visione di queste realtà, e ancora oggi cerca di

negarle, perché mai questo comportamento?

(Quali affari s’intrecciavano e s’intrecciano ancora tra Fede e  Scienza Medica?)

 

VERONA 1 Marzo 1982

Santo Padre,

Sono, o per meglio dire ero, padre di quattro figli, due dei quali sono già nella gloria di Dio.

Mi rivolsi a Lei personalmente già nell’agosto del 1980 poiché, durante una Sua udienza pubblica, ebbi da Lei conferma del Suo personale interessamento, oltre all’assicurazione di preghiere quotidiane, al problema che in quell’occasione Le esposi, salvare due vite umane.

In vero da quell’epoca non penso vi sia stato interessamento diretto da parte Sua, nonostante, successivamente, chiesi più volte un’udienza privata per esporle meglio il nostro problema, la mia richiesta fu rifiutata adducendo che troppi impegni La gravavano.

Da allora molte cose sono successe, tra queste la morte di uno dei miei gemelli, Andrea, che a mio avviso fu prodotta soprattutto dalla grande disumanità dei tempi in cui viviamo.

Anche Alberto, l’altro gemello, stava per subire la stessa sorte nel novembre del 1980, ma, il Signore ha voluto che riuscissi a salvarlo nonostante l’ottusità e l’arroganza di una parte della classe medica che lo voleva morto ad ogni costo.

Questa drammatica vicenda la mia famiglia è costretta a viverla ormai da oltre tredici anni, cioè dell’inizio della malattia del nostro primogenito che morì all’età di cinque anni e mezzo nell’ottobre del 1971.

Già alla morte del primo bambino, dopo che molte e controverse diagnosi volevano essere fatte calzare alla sua malattia, si parlò di un’incompatibilità alla vaccinazione antipolio Sabin che degenerò nella malattia stessa. Questa non è certamente invenzione, tutta una documentazione testimonia questa assurda prima esperienza che non esito definire già tragica; ma ben più drammatica mi appare oggi la successiva vicenda che, nostro mal grado, siamo stati costretti a rivivere, ci hanno fatto ripercorrere la stessa strada che aveva prodotto antecedentemente la malattia nel nostro primo figlio Marco, non più con un solo bimbo ma con due gemelli, Alberto e Andrea.

In cuor mio sentivo una forza che ripetutamente insisteva perché io non sottoponessi più i miei figli alle vaccinazioni obbligatorie per legge, ma, nonostante la mia fermezza, e le mie convinzioni, non essendo io medico e  considerato perciò incompetente in materia, mi feci convincere, pressato anche dalle minacce che usualmente si pongono a chi non vuol sottoporre i figli alle pratiche vaccinali; in altre parole il pericolo che sarebbero stati estromessi dalle scuole e quant’altro, che solo oggi riesco a capire quanta infondatezza avessero avuto, mi fecero subire mio malgrado, l’uso di questa pratica costrittiva sui miei figli.

Di qui ha inizio il nostro secondo calvario, non più, come dissi già, con un solo bambino ma con due.

Incominciano le nostre peregrinazioni per l’Italia e per l’Europa.

Forse i medici conoscevano già queste realtà, ma non volevano rendercele note per evitare che si creasse un panico attorno alle vaccinazioni, di conseguenza tentammo così di battere ogni via alla spasmodica ricerca di un qualunque rimedio per salvare la vita ai nostri figli, purtroppo però il 22 settembre del 1980 Andrea muore.

Mi sentii sconfitto, distrutto, annientato, ma è proprio a causa di questa situazione d’immane disfacimento che dal Signore mi venne la forza per reagire, mi incitò a lottare per salvare la vita ad Alberto, mi diede la possibilità di farlo anche perché, io sono convinto,che Egli voglia che io riesca a dimostrare quella verità che da più parti e con ogni mezzo, lecito ed illecito, vuole essere assolutamente celata.

In questo mio calvario umano non trovo aiuto, se non da pochi, trovo solo malafede e disinteresse anche solamente nel pensare di sfiorare un argomento così delicato e da qualche tempo fermamente radicato che accetta solo i benefici che queste pratiche hanno portato e non i rischi ed i danni che le stesse nel contempo hanno profuso, mi si induce alla polemica, si parla, si discute, si spendono un sacco di parole ma l’azione rimane statica, immobile, si ha il terrore di mostrare una sacrosanta verità che può danneggiare soprattutto gli interessi economici di qualche potente, perciò fino ad ora la verità riesce ad essere soffocata, convincendo così sempre più il sottoscritto che la disumanità prevale sempre sulla ragione e sul buon senso.

Questa potente forza dannosa per mio figlio e per un numero imprecisato di altri bambini che, come lui, devono subire la sopraffazione e pagare forse anche con la loro vita gli sbagli che in certi casi sono connessi con la freddezza e la disumanità che, solo l’essere umano, sa compiere per arrivare a coprire tutto solo per difendere quegli sporchi interessi che rappresentano esclusivamente l’unica forza del potere umano.

La nostra vicenda, da parte mia, è accettata con fede e proprio questa mi dà la forza di agire e di reagire ogni qual volta la sopraffazione umana tenta di umiliarmi, di distruggermi per rendermi così inoffensivo.

Sono fermamente convinto che venga da Cristo questa forza, che la ragione umana ritiene utopistica, che mi spinge ad una lotta che ritengo giusta e sacrosanta per dimostrare che: ogni singolo individuo ha diritto alla vita al di sopra degli interessi speculativi.

Il diritto alla vita purtroppo nel caso dei miei figli è rimasta però solo una bella frase priva di significato.

Mi rivolgo così alla Santità Vostra per l’ennesima volta, convinto che, come rappresentante di Cristo sulla terra, voglia perorare questa causa, riconoscendo che l’unica via che Cristo stesso ci ha insegnato debba essere quella della luce e della verità, non quella delle tenebre, del mascheramento, per questo motivo non si dovrebbe mai avere paura di questa luce, agendo sempre in essa, rimanendo ad ogni costo sempre coerenti con quello che Lui stesso ci ha insegnato, difendendola anche quando attraverso questa luce potrebbe apparire una sconcertante realtà fatta di miserie umane.

Sono perciò convinto che proprio Cristo illuminerà la mente di Vostra Santità quando leggerà questa mia lettera, sicuramente incompleta e forse anche priva di quei rispettosi ed ossequianti vocaboli che si addicono certamente ad un Pontefice, ma non per questo meno chiara, nitida, priva di quegli interessi essenzialmente solo umani,ma tesa ad arrivare a far luce su tutta la nostra vicenda, poiché da essa potranno certamente trarre giovamento anche altre creature,affinché finalmente affiori la verità, così che questa luce possa diventare, anche per noi, sinonimo di Colui che dichiarò di essere via, verità e vita.

Suo devotissimo figlio in Cristo

 

                                                                                                         

Giorgio Tremante